Report di Maurizio Cittadini: E’ stato Enrico a convincermi a fare questo viaggio, non tanto nell’ultimo periodo ma nel corso degli ultimi anni durante i quali mi ha parlato delle sue esperienze di guida in africa ed in particolare nelle dune. Infatti si era già ipotizzato il viaggio in Oman, poi sfumato e sostituito da un viaggio in Tunisia con la moto stradale, ed ancor prima quello in Tanzania, affascinante ma certamente senza dune. Al terzo tentativo, si è riusciti a partire. La mia attesa e curiosità era massima perché non avevo mai guidato sulle dune ed ero curioso di provare nuove sensazioni e perché sulle piste africane avevo fatto solo un timido assaggio la scorsa primavera in Tunisia ma con la moto stradale. Detto ciò, il 12 ottobre a mezzogiorno ero in aeroporto dove mi ha raggiunto Enrico per partire alla volta di Roma. A Roma incontriamo i compagni di avventura che arrivano da Pescara, Luca, Alfonso e Massimo ed il coordinatore che arriva da Roma, Nando. Sia io che Enrico siamo un attimo preoccupati perché si tratta di ragazzi che potrebbero essere nostri figli, con prestazioni fisiche attese durante il viaggio evidentemente superiori alle nostre per questioni anagrafiche. A Casablanca ci ricongiungiamo anche con gli altri compagni di viaggio che arrivano da Torino, Gianfranco e Sergio. Per fortuna loro, pur più giovani di noi, sono più vicini alla nostra età. Mi fa piacere scoprire che Gianfranco è Torinese di adozione ma di origini di Fordongianus, dove ha ancora dei parenti. A mezzanotte ora locale partiamo da Casablanca per Ouarzazate (la porta del deserto), con un aereo ATR turboelica che non mi era mai capitato di prendere prima. Assurdo il tempo che perdiamo all’aeroporto di Ouarzazate per il controllo passaporti; se pensiamo che sono le due e passa di notte e che domani mattina dobbiamo iniziare il giro in moto, la cosa non è molto gradita. Finalmente alle tre di notte riusciamo ad andare a letto (Hotel Zaghro) per alzarci domani alle otto fare colazione ed andare al garage dove sono custodite le moto per riceverle in consegna ed iniziare l’avventura. Le nostre guide marocchine (Tizi trekking, che si riveleranno molto efficienti) ci accompagnano al garage dove sono le moto dopo aver caricato tutti inostri bagagli; abbiamo tre auto 4x4 al seguito di cui due Toyota (guidate dal giovane Ahmid e dall’anziano Mohammed) ed un Nissan . Gli autisti marocchini dimostreranno buona conoscenza del territorio ed esperienza nella guida. Le moto sono delle Beta RR con motorizzazioni varie da 350 cc a 430 cc; sono appena revisionate gommate nuove con pneumatici Dunlop Rally raid 140x80x18 e 90x90x21. Max, il meccanico, monta i filtri e ce le consegna con contratto di nolo. Qualche problemino alla partenza dovuto alla mancanza di benzina che ad alcuni non consente manco di arrivare al rifornitore distante poche centinaia di metri. La vera sorpresa consiste, però, nella giornata piovosa. Io, che posseggo un numero imprecisato di antipioggia e che viaggio sempre in moto con antipioggia al seguito, non ho portato nemmeno un kway! Sono stato attento alle raccomandazioni di Nando, forse anche in modo eccessivo, portandomi dietro anche la crema solare ma non ho pensato ad un giubbino impermeabile. Del resto il viaggio aveva come meta il deserto e non si pensava certamente ad una eventualità del genere. Dopo un pochino spiove e riusciamo a partire dopo aver fatto benzina; qualcuno osserva che la pioggia tutto sommato ci ha fatto un favore perché ha spento la polvere che sennò avremmo trovato negli sterrati. Usciti da Ouarzazate seguendo il Toyota guidato da Mohammed (autista più anziano), prendiamo una strada sterrata di montagna (antiatlante) che attraversa zone predesertiche con bei paesaggi ed un andamento a saliscendi caratterizzato da diversi punti bassi di attraversamento di corsi d’acqua asciutti ma che hanno lasciato significative tracce di piene nemmeno troppo datate; è la strada sterrata che collega Ouarzazate a Taznakht (P1507). Le velocità sono discrete e la strada le permette mentre le moto, probabilmente a causa delle nuove gomme, sbacchettano in maniera notevole al disopra degli 85 / 90 Km/h; questo problema si manterrà per tutto il viaggio; inoltre solo la moto di Massimo ha l’indicatore di velocità funzionante. In prossimità di Taznakht il meteo peggiora e rinizia a piovere con intensità via via crescente; ci fermiamo e ne approfitto per recuperarmi dal bagaglio uno smanicato da mettere sopra la maglietta da moto. In breve l’intensità della pioggia è notevole e, per fortuna, troviamo riparo in un hotel / ristorante a Taznkht (Bab el Sahara); nel giro di pochi minuti dopo la sosta, la pioggia diventa un temporale non indifferente che scarica moltissima pioggia e dura poco meno di un’ora. Cessata la pioggia riprendiamo il percorso che prevede una interessante pista fuoristrada. Il terreno è molto bello perché ha una natura di terra mista a sabbia ed offre un grip fantastico perché compattato dalla pioggia; inoltre il percorso è ondulato e quindi piacevole da guidare ed ovviamente privo di polvere. Purtroppo dopo breve ci imbattiamo in un guado che ordinariamente è asciutto ma che per via del temporale si è ingrossato parecchio e la corrente scorre veloce e con turbolenze preoccupanti. Considerato che nel prosieguo del percorso ne sono previsti altri e tenuto conto anche dei suggerimenti delle guide locali, decidiamo di non affrontarlo. Ci fermiamo a pranzare e rimandiamo a più tardi l’esame della situazione ; se la piena si placa possiamo pensare di proseguire. Così non è, per cui per evitare di far saltare il programma del viaggio si opta per bypassare quel tratto di percorso usando la strada asfaltata (R108 e poi R111) che ci porterà alla conclusione della prima tappa a Foum Zguid. In realtà, appena presa la strada asfaltata troviamo una colonna di mezzi fermi che superiamo agevolmente ma solo per arrivare ad un guado che è in piena e con passaggio interdetto dalla polizia. In questi posti, lo vedremo anche nei giorni a seguire, le strade sono caratterizzate da numerosi guadi anziché da ponti, per cui quando capita che i torrenti (quasi sempre asciutti) vadano in piena, la circolazione viene interrotta. Non si riesce a passare per cui torniamo a Taznakht e pernottiamo nell’albergo Bab el Sahara dove consumiamo anche una cena tipica con Cous cous (niente di eccezionale) e tajin (buono). Dopo l’inaugurazione di un mirto portato da casa, a letto per poterci alzare di buon mattino e partire, sperando che durante la notte non piova. L’indomani, 14 ottobre, partiamo alle 7,45, via asfalto , per recuperare parte del tempo perduto ieri. Durante il tragitto (R108 e poi R111) curiosamente troviamo degli operai intenti a rimuovere detriti dalla strada depositatisi in corrispondenza di alcuni guadi; in altri punti il temporale ha fatto franare dei ciottoli sul manto stradale. Dopo circa 80 Km di asfalto arriviamo a Foum Zguid dove facciamo una sosta bar per prendere una ottima spremuta di arance per poi ripartire e riagganciare il percorso originariamente previsto. Appena pochi Kilometri dopo Foum Zguid entriamo in una pista sterrata lungo la valle del Draa ; è una pista sassosa, piatta o leggermente ondulata dove la presenza di sabbia è solo saltuaria all’inizio. Me la prendo calma per evitare rischi mentre osservo che gli altri, a parte Enrico, vanno come ossessi . Dopo una mezz’oretta di marcia ci fermiamo presso un palmeto e facciamo diverse fotografie di un paesaggio che tutti paragonano alla Monument Valley statunitense. Ripartiamo e la pista diventa man mano più sabbiosa e meno sassosa. La sabbia è compatta ed il paesaggio diventa un tabulato che pare un biliardo , attraversato da molti fuoristrada con turisti; in pratica il tipico paesaggio che eravamo abituati a vedere nei report della Parigi Dakar, che peraltro passava da queste parti. Ad un certo punto, dopo aver attraversato il lago prosciugato Iriki, arriviamo ad un curioso punto di ristoro in mezzo al deserto, dal nome di TITANIC IRIKI e con una sagoma a forma di chiglia di nave. (ho notato che digitando su google maps viene indicato e illustrato adeguatamente). Da questo punto si riparte verso sudest verso le dune dell’erg Chegaga con fondo che diventa man mano più sabbioso; del resto siamo alle porte del sahara. La guida su sabbia con la moto da enduro è altra cosa rispetto alla guida di una moto più pesante; mi diverto tenendo il motore su di giri, sempre in trazione, con marce terza / quarta. Cade Sergio ma, dopo un primo momento in cui pareva avesse dei problemi, si riprende alla grande. Ci fermiamo a mangiare sotto uno dei rari alberi e poi proseguiamo fino ad un campo di beduini posto in prossimità di dune accentuate in cui ci viene concesso di svagarci, parco giochi, per un’oretta; siamo nell’erg Chegaga. Mi rendo conto di essere un pochino bloccato dalla inesperienza e dagli avvertimenti ricevuti; do gas ma lo mollo prima di giungere in cresta per paura di trovare il vuoto dall’altra parte . Così facendo mi insabbio alcune volte e mi stanco per cui mi fermo al campo dei beduini per recuperare energie. Mi accorgo che mi si è scollata la suola dello stivale destro che posseggo da almeno sette / otto anni; lo aggiusteremo la notte con un collante bicomponente fornito da Max che si rivelerà prodigioso. Altri compagni hanno problemi con stivali o altro e vengono risolti brillantemente con nastro americano. Dopo lo svago sulle dune arriviamo al posto dove campeggiare durante la notte; le guide marocchine ci hanno preceduto ed hanno già montato tutto la traccia di Nando segna 200 Km di sterrato. C’è caldo ma niente di insopportabile e un pochino di vento che solleva sabbia che entra dappertutto; la stanchezza non è eccessiva. Il punto in cui facciamo il campo è situato ad est, non distante, della località indicata come El Guera nelle carte. Il 15 ottobre sveglia di buon mattino e una colazione incredibile, addirittura con la frittata appena fatta nelle cucine da campo! Partiamo per una pista piatta con frequenti tratti di sabbia per poi agganciare la strada asfaltata N9 fino a Tagounit dove facciamo benzina e ci concediamo una coca cola. Nel tratto di pista sabbiosa mi gioco un jolly ; dove il terreno diventa debolmente inclinato si formano dei canali di scolo ed io ne prendo in pieno tre consecutivi mentre ero in velocità riuscendo a non cadere. Anche qualcun altro cade sulla sabbia ma senza conseguenze. Ripartiamo da Tagounit prendendo una strada sterrata sassosa di montagna dove troviamo due postazioni militari con presidi che la sbarrano (non siamo distanti dal confine con l’Algeria e le postazioni militari e le caserme sono frequenti). Dopo verifica di documenti con le nostre guide marocchine, ci lasciano passare. Una volta oltrepassata la valle del Draa ci fermiamo a fare foto panoramiche di una vallata molto bella. Di pomeriggio, dopo aver pranzato all’ombra di alcune palme, affrontiamo un lungo plateau con andatura a manetta (85 / 90 Km/h) e incrocio di dune buggy, Toyota e qualche altra moto. Quando ci fermiamo ad un bar (auberge Dinosaur kem kem) per prendere un te alla menta e arachidi, qualcuno è stanco; ma non siamo distanti dal punto in cui faremo il campo di fine giornata. Siamo comunque, indiscutibilmente, in un’area ancora molto selvaggia e incontaminata. Proseguiamo il percorso e giungiamo al campo che è stato preparato nei pressi di Sidi Ali che è il luogo di provenienza di Ahmid, la guida più sveglia. Dalla traccia di Nando rilevo che oggi abbiamo percorso circa 170 Km . Il sito del campo è particolare perché è posto al limitare della sabbia ed è evidente l’avanzamento della sabbia che man mano ricopre le colline brulle e rocciose per cui il risultato è di avere dune altissime da un lato e colline rocciose dall’altro. Nando si cimenta con la sua bella macchina fotografica a scattare foto al paesaggio, mentre io, Enrico e Gianfranco approfittiamo di un abbozzo di camping presente a non troppa distanza dal campo per farci una doccia e toglierci qualche kilo di polvere. Dopo la consueta buona cena preparata dall’organizzazione e preceduta da assaggi di specialità portate dall’Italia (salumi, formaggi) dormiamo profondamente come al solito e la maggior parte dorme fuori dalla tenda perché la temperatura lo permette, sarà così per tutto il viaggio tranne che l’ultimo pernottamento in quota che viene fatto da tutti in tenda. Il 16 ottobre ci svegliamo di buon mattino quando le guide hanno già iniziato a smontare il campo. Verso le 8 partiamo tagliando dalle dune per riagganciare la pista che ci dovrà portare all’erg Chebbi in prossimità di Merzouga. Piccolo giallo alla partenza perché per un equivoco Enrico non ci segue ma lo riagganciamo poco dopo in quanto si è avviato al seguito delle Toyota per una strada alternativa. Le guide ci hanno detto che oggi è previsto un tratto lungo il greto di un fiume, per cui c’è attesa e curiosità per il percorso di questa tappa. Il percorso è molto vario ed ha ampi tratti di sabbia alternati a tratte più consistenti e terrose. Ormai nella sabbia mi regolo bene tenendo sempre in trazione il motore e, quindi, cercando la marcia inferiore all’occorrenza. Il terreno è per ampi tratti caratterizzato da fech fech che origina una polvere assurda che ci costringe a mantenere distanze da chi ci precede perché rischiamo di non vedere nulla. Ad un certo punto incontriamo un guado che attraversiamo uno dopo l’altro avendo avuto rassicurazioni dalle guide marocchine sulla sua percorribilità (le acque sono tanto fangose da non riuscire a capire dall’esterno se un guado sia affrontabile o meno). Dopo l’attraversamento del guado proseguiamo con un percorso molto divertente, vario. Con fondo sabbioso ma non solo, fino al villaggio di Ramlia dove facciamo una piacevole sosta bar mangiando la frutta secca che, come ogni giorno, ci viene data dall’organizzazione (molto buona ma da stare attenti ai pistacchi non sbucciati) e beviamo una coca cola rinfrescante. Dopo la pausa proseguiamo in direzione di Ousina passando per terreni più compatti e fra essi attraversiamo anche un pianoro derivante dal prosciugamento di un lago, presumibilmente, perfettamente livellato da sembrare cementato industrialmente. Il percorso è certamente più vario e divertente di quello di ieri che, invece, era fondamentalmente rettilineo per distanze notevoli. Prima di giungere in prossimità di Merzouga ed in vista dell’erg Chebbi troviamo molte dune ed un terreno a tratti più compatto. All’ora di pranzo vi è la sorpresa della rottura della frizione del Nissan che abbiamo al seguito; riusciranno a rimorchiarla fino a Merzouga ed a ripararla nel corso della nottata per consentirle di proseguire il servizio al nostro seguito già dall’indomani. Si tratta della macchina che porta gran parte delle mercanzie necessarie per montare il campo, per cui il suo fermo potrebbe essere una criticità. Quando arriviamo al sito prescelto per il campo è il primo pomeriggio e chiediamo di spostarci in una zona più sabbiosa. Ci muoviamo verso le dune e la Toyota guidata da Mohammed si insabbia e ci impiegherà qualche ora ad uscirne. Nel frattempo Massimo, Alfonso e Luca vanno verso l’erg Chebbi e provano a scalarlo; dopo un’oretta li andiamo a cercare avventurandoci nelle dune in giri molto divertenti. Personalmente mi trovo molto meglio sulle dune forse perché ho iniziato a prenderci la mano ma anche perché le dune sono più regolari e la sabbia si presta meglio alla guida. Intanto Alfonso e gli altri si lamentano con il meccanico Max perché il motore delle Beta è troppo limitato e non gli ha consentito di raggiungere la vetta della duna essendo sbeffeggiati da alcuni francesi con Husqvarna che, invece, si sono arrampicati fino in cima. Dalla sommità delle dune vediamo chiaramente la cittadina di Merzouga che non è molto distante dal sito del campo. In prossimità del campo vi sono diversi accampamenti con grandi tende attrezzate addirittura di aria condizionata ! La zona è molto turistica e la testimonianza è data non solo dalla presenza di diversi accampamenti per turisti ma anche da diversi cammellieri con turisti al seguito, da diversi fuoristrada sia a due che a quattro ruote, ecc. La tappa è stata di circa 115 Km e complessivamente la giornata è stata molto divertente. Il 17 ottobre partiamo per la penultima tappa, quella che ci deve portare in montagna prima di recarci alle gole di Dades. Verso le otto e mezza partiamo verso Merzouga passando dalle dune e ci rechiamo a far benzina incontrando un gruppo di spagnoli in giro con dei KTM, dei tedeschi con le solite BMW, altri italiano con delle Husqvarna, ma anche quad, dune buggy, Toyota e veicoli strani per andare sulla sabbia. Le dune intorno a Merzouga, abbiamo constatato che sono battutissime dai turisti con ogni mezzo! Approfitto del WiFi della stazione di servizio (in effetti devo riconoscere che in Marocco, anche in siti isolati, si trovano dei WiFi efficienti) per dare notizie alla famiglia che non sento da alcuni giorni. Dalla stazione di rifornimento di Merzouga (stazione della compagnia Afriquia) prendiamo uno sterrato abbastanza simile a quelli dei primi giorni con un esteso plateau a cui giungiamo dopo aver fatto anche un lungo trasferimento in asfalto lungo la N12. Fa molto caldo ma sempre tollerabile. Passiamo per Fezzou e, dopo il pranzo fatto sotto un albero lungo il plateau, ci rechiamo in un villaggio molto povero dove facciamo benzina non in una stazione di servizio ma presso un signore che ha dei fusti che rivende a prezzo maggiorato. Poi riprendiamo uno sterrato più simile ai nostri, anche piacevole da guidare perché vario e non piatto come quello della mattina. Però ci manteniamo più o meno alla stessa quota della partenza (tra 700 e 800 m slm). Infine sbuchiamo sulla strada asfaltata N12 e ne facciamo molte decine di Kilometri passando da Tazarine e fino al campo realizzato a quota 1370 m slm presso un casolare di pastori in prossimità dell’auberge tazlout a circa una decina di kilometri dal villaggio Igli. Alla fine della giornata sono stanco e la tappa di oggi direi che è stata la meno bella di tutto il giro. Dalla traccia di Nando rilevo che abbiamo percorso oltre 300 Km. Il 18 ottobre è l’ultimo giorno di moto, cioè la tappa di rientro a Ouarzazate dopo aver visto le famose gole di Dades. Viene preannunciato molto asfalto anche se Nando ha chiesto alle guide di far si che ci sia almeno un poco di fuoristrada. Alla partenza, la mattina, lasciamo ai pastori presso cui eravamo un pochino di mercanzie in eccesso che ci siamo portati dall’Italia e che non vogliamo riportarci indietro, poi partiamo facendo una settantina di kilometri di asfalto fino alle gole di Dades. Il tratto in asfalto è tutt’altro che noioso perché si tratta di una strada panoramica, la N10, che svalica a oltre duemila metri e con paesaggi molto belli. Fa anche un pochino di freschetto. A Boumalne Dades facciamo sosta e benzina e prendiamo la R704 fino a giungere ad un tipico punto panoramico delle gole. Francamente avevo altre attese per cui, per quanto belle, le gole sono un pochino deludenti. Nulla di spettacolare come mi aveva detto Enrico, che però ricordava le gole formate dall’altro fiume che hanno caratteristiche molto diverse e più particolari di quelle che visitiamo noi. La zona comunque è ricca di alberghi e ristoranti e dunque certamente a vocazione turistica. Dal punto panoramico torniamo indietro lungo la R704 ma ad un certo punto le guide ci fanno deviare e ci instradano lungo uno sterrato molto simile ai nostri, tipicamente di montagna, molto bello perché vario sia come tracciato che come fondo (facciamo anche diversi kilometri su un greto ghiaioso di un fiume). Molto divertente e molto lungo (oltre 130 km!); altro che assaggio di fuoristrada. Il tutto si protrae fin verso le tre del pomeriggio quando ci fermiamo a mangiare prima di affrontare gli ultimi 40 Km di asfalto che ci riportano a Ouarzazate. Ad un certo punto c’è stato un pochino di panico perché in corrispondenza di un attraversamento di un torrente asciutto ci siamo trovati Luca sepolto dalla sua moto in seguito ad una caduta; per fortuna era più preoccupante la scena che non l’accaduto. Al rientro a Ouarzazate rimettiamo le moto nel loro ricovero e con esse lasciamo un pochino di attrezzatura che alcuni di noi intendono dismettere; personalmente lascio il casco e la mascherina. L’ultima tappa è stata di oltre 240 Km. In tutto il giro è stato di circa 1150 Km. Dopo una doccia rigeneratrice e una breve passeggiata nei pressi dell’albergo, cena e a dormire perché domani la partenza per l’Italia inizia con una levataccia alle 5,30 di mattina. |